È la bevanda più diffusa nel mondo, seconda per valore economico tra le merci più scambiate a livello globale solo ai prodotti petroliferi. Non c’è casa che non ne contenga una confezione e il suo aroma appena preparato la mattina è uno dei primi ricordi che la memoria di ognuno possa annoverare. Poeti, letterati, musicisti lo hanno cantato in tutte le forme e intorno ad esso sono sorti salotti, luoghi di ritrovo e di scambio.
Stiamo parlando del caffè, ridefinito senza esagerazioni l’oro nero. Un mercato mondiale stimato in circa 120 miliardi di dollari all’anno per un consumo di 3,1 miliardi di tazzine al giorno. Cerchiamo di scoprire più da vicino questa bevanda che ha alle spalle oltre mille anni di storia, ma che rimane un universo in continua e crescente espansione.
Un po’ di storia del caffé
La sua origine è avvolta nel mito, anzi nei miti. Sono molte le leggende sulla sua scoperta. C’è chi sostiene sia legata ad un pastore etiope - Kaldi - che vedendo gli effetti energizzanti sulle sue capre che ne avevano mangiato le bacche, tostò i semi della pianta del caffè, li macinò e preparò la prima infusione della storia. C’è chi, invece, ne fa risalire la scoperta addirittura al profeta Maometto che, sentendosi male, ebbe una visione dell’Arcangelo Gabriele che gli offriva una pozione nera creata di Allah e grazie alla quale riuscì a rimettersi in forze.
In ogni caso la sua diffusione inizia a partire dall’anno Mille, quando alcuni commercianti arabi di ritorno dai loro viaggi nel continente africano importarono dei chicchi di caffè dai quali cominciarono a preparare una bevanda eccitante attraverso un processo di ebollizione. Il luogo d’origine della pianta di caffè, infatti, viene fissato dalla maggior parte degli studiosi in Etiopia (nell’antica provincia di Kefa o Kaffa), ma la coltivazione si diffuse velocemente nella penisola arabica e in Yemen in particolare: dalla provincia di Mokha lo stesso Pellegrino Artusi sosteneva arrivasse la qualità migliore di caffè.
Anche sull’origine del nome esistono tesi differenti, tra chi la lega proprio alla provincia etiope da cui proverrebbe originariamente la pianta e chi la fa derivare dalla parola araba qahwa, che significa “potenza, energia”, ma anche “colorazione scura”. Da questa si sarebbe passati al termine turco kahve e da qui all’italiano caffè.
Intorno al XV secolo la bevanda inizia a varcare i confini della Penisola Arabica e penetra nel Vicino Oriente: il caffè arriva a Damasco e al Cairo e da qui fino a Istanbul. Secondo le attestazioni l’Europa scopre l’oro nero solo un secolo più tardi grazie agli schiavi arabi, che si portano dietro la polvere attraverso i viaggi che li conducono attraverso Malta e la Sicilia. Piano piano la fama del caffè risale tutta la Penisola per arrivare in uno degli scali principali di tutta Europa: Venezia. Da lì i mercanti iniziano ad esportarlo nelle principali città del continente. La bevanda si diffonde e anche la sua coltivazione si espande: le rotte coloniali fanno sì che le piantine vengano esportate in mezzo mondo e che trovino ambienti favorevoli lungo i tropici. Tra questi alcune Paesi centroamericani e sudamericani (tra cui il Brasile che ad oggi ne è il principale produttore mondiale), ma anche asiatici e africani. Tra Ottocento e Novecento la crescita della sua produzione e del consumo sarà inarrestabile.
Ma cosa ci beviamo quando prendiamo un caffè
L’Istituto Superiore di Sanità spiega che «il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione e torrefazione dei semi della pianta del genere Coffea. Le specie più pregiate e più diffuse sono la Coffea arabica e la Coffea robusta».
Nel caffè tostato sono presenti più di 800 componenti volatili. «I più abbondanti sono costituiti dall’alcaloide caffeina e dall’acido clorogenico, un polifenolo. Il caffè rientra tra gli alimenti definiti voluttuari, cioè non necessari alla salute perché non contengono sostanze nutritive fondamentali per l’organismo».
Insomma, se ne potrebbe fare a meno. Ma perché privarsene, specie se alcune delle sostanze contenute possono svolgere funzioni molto importanti? L’acido clorogenico è un potente antiossidante che si trova nel caffè verde, al pari dell’acido tannico e di alcune vitamine del complesso B. La tostatura aumenta le proprietà antiossidanti, concentrando le sostanze come la caffeina e determinando la produzione di un altro acido molto importante che viene assorbito molto facilmente dall’intestino: l’acido caffeico.
Per quanto riguarda la caffeina, essa varia in base alla miscela di caffè e al contenuto di acqua: nell’Arabica è tra l’1% e il 2,5% del peso secco, mentre nella Robusta può arrivare fino al 4%. Aggiungendo acqua - a differenza di quello che molti possano pensare - aumenta la quantità di caffeina.
Sempre l’Iss afferma che «la caffeina è in grado di interagire con particolari molecole che hanno la funzione di regolare il sistema nervoso, cardiovascolare ed endocrino. Agisce da stimolante del sistema nervoso centrale bloccando l’azione della adenosina, una sostanza prodotta dall’organismo che promuove il sonno e la vasodilatazione e che diminuisce la frequenza cardiaca». Inoltre la caffeina favorisce la produzione di due ormoni (l’adrenalina e la noradrenalina) che aumentano il metabolismo corporeo, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa. Una volta ingerita, la caffeina si distribuisce in tutti i tessuti del corpo e inizia a produrre effetti stimolanti a partire dai 15-30 minuti dopo l’ingestione persistendo per diverse ore.
Elisir o veleno? Dipende dalle dosi!
Caffè può essere sinonimo di resistenza al sonno, minore affaticamento, concentrazione più alta, prestazioni fisiche e mentali migliori, attenuazione dei disturbi della memoria e in generale umore più allegro. Ma allo stesso tempo può essere causa di insonnia, agitazione, ansia, irrequietezza e tremori, così come di aumento della pressione sanguigna, aritmie e tachicardia.
«Bere fino a 3/4 tazzine di caffè al giorno, per un totale di 400 milligrammi di caffeina - affermano ancora dall’Iss - si ritiene non comporti danni alla salute». Anzi può avere effetti molto benefici. Uno studio comparso sul New England Journal of Medicine del 2012 lega il consumo di caffè ad una diminuzione delle malattie croniche. Alcuni esempi? Il diabete di tipo 2, il Parkinson e l’Alzheimer. Ma ci sono ricerche dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), in cui emergono evidenze sul fatto che consumare regolarmente caffè abbassi l’incidenza di tumori al fegato e al collo dell’utero, di tumori della pelle, al seno e alla prostata.
L’importante, come detto, è rimanere entro certe dosi perché i rischi sono dietro l’angolo. La caffeina, infatti, può essere molto dannosa e - in quantità esagerate - può anche portare alla morte. C’è addirittura chi ha sviluppato un calcolatore per determinare in che dosi il caffè può diventare mortale: ne servirebbero 100 tazzine in un giorno, pari a circa 5 grammi di caffeina.
Dalla pianta alla tazzina
La semina delle piante si fa utilizzando chicchi selezionati che rendono la pianta produttiva intorno al quinto anno. La fioritura può avvenire più volte durante l'anno e su un medesimo ramo si possono trovare sia i fiori sia i frutti. Per questo motivo la raccolta deve essere fatta a mano e con grande attenzione. Infatti, se ben curata, la pianta può rimanere produttiva fino a trent’anni.
I frutti, una volta raccolti, vengono liberati della polpa mucillaginosa utilizzando tecniche di essicazione e fermentazione. Una volta finita la prima fase di lavorazione, i semi vengono selezionati, calibrati e confezionati in sacchi di iuta da 60-70 chilogrammi, spediti e scambiati in tutto il mondo, pronti per le successive fasi.
Con la torrefazione (operazione mediante la quale si abbrustoliscono, riscaldandoli gradatamente fino a temperature elevate, i semi di caffè e altri semi commestibili) si passa dal caffè crudo o verde - pressoché insapore e inodore - al caffè tostato, profumato e aromatico. Durante la tostatura molti composti presenti scompaiono o sono degradati, mentre altri si formano, attraverso reazioni che sono essenziali per lo sviluppo dell'aroma e del gusto del prodotto finale.
A questo punto per consumarlo il caffè va macinato, perché la maggior parte dei composti organici contenuti nel chicco sono insolubili. La macinatura aumenta la solubilità del chicco e permette di estrarre i suoi composti aromatici. Tempi e metodi di estrazione e di preparazione richiedono gradi di macinatura diversi.
La macinatura più grossa si effettua per la preparazione del cosiddetto Cold brew, preparato immergendo il caffè macinato a temperatura ambiente o in acqua fredda per un periodo che va dalle 12 alle 24 ore. Una macinatura grossa viene effettuata per il caffè preparato con la French press o con il Percolatore. Macinatura medio-grossa per il metodo Chemex, che si fa utilizzando una speciale caffettiera che permette di filtrare il caffè con un foglio di carta molto porosa. Per estrarre con Siphon, che sfrutta l’ebollizione e il successivo filtraggio del liquido, si utilizza una macinatura media. Mentre medio-fine è ideale per la Moka. Una macinatura fine si usa per l’Espresso. E per finire la macinatura più fine si riserva al cosiddetto Caffè turco che si estrae attraverso l’Ibrik, una particolare caffettiera di rame.
Dove si produce e dove si consuma il caffè?
Come accennavamo all’inizio il caffè è la bevanda più diffusa al mondo e rappresenta un business enorme a livello globale, tanto da essere la seconda merce più scambiata dopo i prodotti petroliferi. Nel 2022 il mercato mondiale del caffè torrefatto è stato valutato in circa 120 miliardi di dollari e rappresenta consumi pari a 170,8 milioni di sacchi da 60 kg. In termini di tazzine si viaggia intorno alle 3,1 miliardi consumate giornalmente. Il trend è in crescita e si stima un aumento regolare delle quantità nei prossimi anni tra l’1% e il 2%, che porterebbe ad un consumo fino a 208 milioni di sacchi nel 2030 che all’incirca corrispondono a 3,8 miliardi di tazzine al giorno.
Il Paese che in assoluto produce più caffè è il Brasile. Gli ultimi dati della Fao fissano una produzione annua intorno ai 3,5 milioni di tonnellate nel Paese sudamericano. Al secondo posto troviamo il Vietnam con 1,6 milioni di tonnellate annue. Quindi Indonesia e Colombia con 720mila tonnellate all’anno. In Honduras se ne producono 481mila tonnellate e in Etiopia (Paese d’origine della pianta) 470mila tonnellate. A seguire Perù con 369mila tonnellate, India con 326mila, Guatemala con 245mila e Uganda con 211mila. In questi dieci Paesi si producono oltre dieci milioni di tonnellate annue di caffè.
Il commercio del caffè, in ogni caso, è dominato da poche grandi multinazionali: appena 20 società controllano più di tre quarti del mercato. I due leader mondiali sono l’elvetica Nestlé e l’olandese JDE Peet’s. Nel novero dei principali produttori mondiali rientrano anche e due italiane Lavazza e Massimo Zanetti Beverage Group, che insieme rappresentano il 4,1% della torrefazione del caffè verde globale.
Discorso a parte riguarda il consumo di caffè. Il 70% di esso, infatti, avviene al di fuori dei Paesi di produzione. L’Europa è il continente dove si ha il consumo maggiore: il 31,7% del totale. Mentre il Nord America ne copre il 18,7%.
In proporzione il Paese dove si consuma più caffè pro capite è la Finlandia, con 12 kg annui a testa. A seguire Norvegia (9,9 kg), Islanda (9 kg), Danimarca (8,7 kg) e Paesi Bassi (8,4 kg). L’Italia è settima al mondo con 5,2 milioni di sacchi annui, pari a circa 95 milioni di tazzine ovvero 5,9 kg pro capite. Tale consumo in Italia avviene per l’82% del totale in casa, mentre solo il restante in bar e locali.
Per concludere sul caffè
A questo punto abbiamo tutte le informazioni per consumare la bevanda più amata dagli italiani e non solo nella maniera più consapevole possibile. Resta soltanto da decidere se amaro o zuccherato, se cialda, capsula o moka (in ogni caso per una tazza occorrono 7 grammi di caffè), se bancone del bar o tavolo di casa. Ma questa è solo questione di preferenza.
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