VALDOBBIADENE (Treviso). C’è un luogo in Valdobbiadene dove togliere significa aggiungere e la semplicità equivale a ricchezza. Il nome, d’altronde, dice tutto di un’esperienza unica che si è consolidata negli anni. Il luogo si chiama appunto “Osteria Senz’Oste” ed è il primo esperimento di ristorante totalmente autogestito dai clienti. Si trova nel comune di Valdobbiadene, in provincia di Treviso, su un colle da cui si domina una splendida vallata rinomata per la produzione di prosecco, ma non solo. L’ideatore e creatore è Cesare De Stefani, produttore locale di vino e salumi, che nel 2004 ha inaugurato un locale unico nel suo genere, in cui chi passa può fermarsi a mangiare e a bere pagando ciò che vuole.
Un’idea nata e sviluppata per far conoscere un luogo del cuore e che ribaltando ogni legge del mercato è riuscita a coinvolgere decine di migliaia di persone, passate dall’osteria per un pasto o semplicemente un bicchiere di vino. «In realtà questa è l’idea più semplice del mondo - esordisce Cesare De Stefani - io amo questo posto e volevo condividere questo amore con più persone possibili. Ho comprato il casolare diversi anni fa, quando era praticamente in stato di abbandono. L’ho risistemato e all’inizio lo utilizzavo per fare dei pranzi o passare del tempo con la mia famiglia e i miei amici. Ma dopo un po’ ho cominciato a pensare che questa meraviglia doveva essere goduta da chiunque volesse».
L’Osteria Senz’Oste si trova su Cima Cartizze, lungo la strada delle Treziese. Trecentocinquanta metri sul livello del mare e vista panoramica sulla vallata, sul corso del Piave e sui luoghi di prima linea della Prima guerra mondiale, sul Monte Grappa e sugli sconfinati vigneti del prosecco. Qui - come da indicazioni - non è necessario prenotare e si può accedere dalla mattina alle dieci di sera. Ci si serve da soli e altrettanto in autonomia si paga. Niente imposizioni, ma alcune regole non scritte da seguire: rispettare i prodotti messi a disposizione, avere cura dell’ambiente in cui si è ospitati e fornire un contributo equo se si vuole «che il sogno continui anche per chi non c’è ancora stato».
Il primo passo viene mosso nell’inverno del 2004. Cesare lascia alcune bottiglie di vino e sei bicchieri nel casolare, che rimane aperto. Dopo alcuni giorni trova una bottiglia stappata e dieci euro sul tavolo (l’importo che aveva suggerito per il vino). Con il passare dei mesi le bottiglie stappate sono sempre di più. Nel frattempo Cesare rimette in sesto un vecchio frigorifero lasciato in un magazzino per tenere il vino in fresco. I “clienti” della sua osteria aumentano e un giorno uno di questi lascia una dedica, scritta sulla carta interna di un pacchetto di sigarette: «Emozionante questa esperienza».
Cesare capisce che piano piano la sua idea sta prendendo forma e decide di investirci ancora di più. «In quel momento mi sono reso conto che il senso dell’osteria era stato compreso davvero - spiega - lasciai un quaderno dove poter lasciare un messaggio o un pensiero. Quindi ho pensato che, oltre al vino, avrei potuto mettere anche qualcosa da mangiare. Ed è così che l’osteria si è arricchita di salumi e formaggi, uova sode, sottaceti, pane, caffè e aranciata. Ovviamente niente di cucinato per ovvi motivi e tutto confezionato ed etichettato. Su ogni prodotto è indicato il valore in euro, ma si tratta di una semplice indicazione dal momento che non c’è nessuno a riscuotere alla cassa e alla fine il valore ognuno lo dà secondo coscienza».
Il luogo del cuore di Cesare contagia sempre più visitatori, sia chi arriva per visitare luoghi tanto belli e si imbatte quasi per caso nell’osteria, sia chi invece parte con l’intento preciso di fare esperienza di un ristorante senza oste immerso nel verde. In ogni caso la risposta è entusiasta. I quaderni delle dediche si moltiplicano, fino ad arrivare a oltre settanta per un totale che supera le quarantamila firme.
«Le persone apprezzano l’osteria perché respirano l’amore, percepiscono il senso di condivisione e godono di questa bellezza - prosegue ancora Cesare De Stefani - non c’è nessuna idea di business dietro: in diversi in questi anni mi hanno chiesto informazioni perché pensavano di replicare la cosa in altri luoghi d’Italia. Io ho sempre detto che se uno vuole fare impresa non funziona questo esperimento. C’è bisogno di passione per un luogo, di cura e attenzioni senza pensare al guadagno. Il mio lavoro è sempre stato un altro, anche se adesso l’osteria mi prende tanto tempo. Produco salumi e ho una piccola azienda di vino: avrei potuto utilizzare solo i miei prodotti, ma ho preferito coinvolgere anche altri imprenditori agricoli locali. Per mettere in condivisione l’esperienza e garantire a chi arriva uno sguardo più possibile ampio sul territorio».
Un territorio di cui inevitabilmente Cesare è diventato un ambasciatore, senza peraltro averlo deciso. Un ruolo che calza a pennello con l’indirizzo dato a quella che inizialmente era un’idea, un’idea semplice e rivoluzionaria allo stesso tempo. E che poi è diventato un luogo conosciuto da decine di migliaia di persone. Di cui le persone parlano come un modello, da cui imparare.
«Anche se in realtà il primo a trarre insegnamento sono io - conclude - per me questa è una grande scuola. Prima di tutto si impara a fidarsi degli altri, a non pensare che tutti vogliamo fregare il prossimo appena si presenta l’occasione. La coscienza individuale è al centro del concetto dell’Osteria Senz’Oste e devo dire che il risultato finora è tutt’altro che deludente. E il rispetto arriva forse da chi viene da fuori, spesso anche da molto lontano, più che da coloro che abitano in questi stessi luoghi».
Tutte le informazioni sull’Osteria Senz’Oste si possono reperire sul sito www.osteriasenzoste.it.
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