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Marco, l'agricoltore che salva e coltiva i semi antichi

Nella sua azienda agricola di Illegio, in Friuli, ha piantato 300 varietà di prodotti agricoli (alcuni erano quasi scomparsi del tutto) sia locali sia provenienti dal resto del mondo. Famoso il suo mais "gemma di vetro" che veniva usato dalle tribù Cherokee americane

Filippo Cioni

ILLEGIO (Udine). Quella di Marco Zozzoli è una storia che unisce romanticismo e amore per la terra. Siamo in Friuli, a Illegio, un borgo famoso per i mulini non lontano da Tolmezzo, tra le montagne della Carnia. E' qui che Marco, trentenne, ha creato la sua azienda agricola, il Vecjo Mulin, dando vita ad un progetto incredibile: quello di recuperare e coltivare semi antichi, sia locali sia provenienti dal resto del mondo, che altrimenti rischierebbero di sparire per sempre. Una passione che lo ha portato in pochi anni di attività a coltivare oltre 300 varietà di prodotti agricoli – una vera collezione - nei suoi sette ettari di terreno. Creando, di fatto, un paradiso della biodiversità unico.

“Ho iniziato ad appassionarmi all'agricoltura quando ho creato un piccolo orto domestico, lavorare la terra e vederne i frutti mi faceva stare bene. Così quell'orto è cresciuto sempre di più fino a diventare un vero e proprio lavoro”. Perché puntare sui semi antichi? “E' una passione – spiega Marco – e anche una missione. Oggi, soprattutto a livello locale, si stanno perdendo tutte le varietà perché non c'è la cultura a livello aziendale del recupero delle vecchi coltivazioni. In questi anni ho cercato di fare questo, difendere il passato, farlo rivivere e riscoprire. Il mio obiettivo è riportare alla vita più varietà rustiche e locali possibili”.

Così nei suoi terreni a 600 metri sul livello del mare, Marco per esempio ha ridato vita alla vecchia patata di Illegio che era quasi scomparsa del tutto, al cavolo di Valle Rivalpo, coltiva un'antica varietà di mais detto mais di Illegio o mais di Dieç, da cui si ricava una rinomata farina, ha riscoperto il fagiolo borlotto di Illegio e quello lungo di Cavazzo. Marco è andato casa per casa, paese per paese, a ricercare i pochi semi rimasti, spesso li ha ricevuti in dono dagli anziani che ne custodivano ancora qualche esemplare. Li ha piantati, accuditi e fatti rinascere.

Da alcuni anni, inoltre, ha iniziato anche a ricercare e coltivare semi antichi o particolari provenienti da altre regioni italiane e svariate parti del mondo. Nell'azienda agricola si possono trovare per esempio la barbabietola di Chioggia, il cetriolo limone, gli spinaci amaranto, le zucchine gialle Gold rush, il tomatillo viola messicano, il gold berry, le carote Purple dragon dal colore violaceo, la ciliegia di terra, una varietà russa di cetriolo che si conserva per due mesi, oltre trenta specie di pomodori diversi.

Famoso è anche il suo mais “gemma di vetro”  che discende da incroci tra antiche varieta'  coltivate dalle tribù Cherokee americane. La pannocchia è più piccola rispetto alle nostre, ma di straordinaria bellezza. E’ un mais rustico, non ha bisogno di trattamenti, e si è adattato in brevissimo tempo sorprendendo persino i vecchi contadini del posto. Da un solo seme, incredibilmente, ne nascono diverse piante. Una sola pianta porta fino a tre pannocchie. Con tutte le tonalità del vetro, dal blù intenso al trasparente come l’acqua, fino al viola, vinaccia e turchese. Una menzione va fatta inoltre anche per la riscoperta dello zigolo, una mandorla dolce di terra che Marco coltiva e ci racconta essere il seme più antico che possiede. Un seme "storico" visto che esisteva già nell'antico Egitto. “In questo caso sono riuscito a reperire i semi da un'associazione austriaca – spiega – mentre di solito mi rivolgo alla francese Kokopelli che si occupa anch'essa di vendere semi particolari biologici e riproducibili. Si tratta per lo più di varietà che il mercato ha estromesso per la limitata produttività”.

L'attività agricola di Zozzoli è biologica e principalmente basata sui metodi organico rigenerativo e sinergico. Marco fa crescere ortaggi, mais e colture da campo senza concimi chimici, diserbanti e fitofarmaci, e senza una vera lavorazione del suolo, se non nella fase di avvio per riassestare il terreno. Viene osservata un’attenzione scrupolosa delle fasi lunari e del ritmo delle stagioni, con una rotazione studiata tra alcune specie di ortaggi e di verdure. In questo modo il terreno trova nel tempo il suo equilibrio naturale. “Non forziamo mai le colture – sottolinea Marco – se funzionano nel nostro habitat bene, altrimenti non se ne fa niente. Tutti gli anni sperimentiamo e vediamo quali semi riescono a farcela. In linea di massima con le varietà locali troviamo meno difficoltà, si adattano meglio al terreno e sono più resistenti”.

Marco vende i suoi prodotti ai mercati locali, direttamente nella sua azienda e rifornisce anche negozi della zona.

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