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L'oro in cucina: come si usa nei piatti?

In foglie, polvere, fiocchi e briciole: oggi l'oro alimentare è molto utilizzato ma crea anche controversie e dibattiti. La storia del suo impiego nei secoli

Marta Levo

In foglie, polvere, fiocchi e briciole: questi sono alcuni dei tagli più comuni dell'oro alimentare, il prezioso metallo utilizzato anche in cucina dopo essere stato lavorato in modo da renderlo sicuro per l'ingestione.

La storia dell'utilizzo dell'oro in cucina (e dell'argento) è millenaria. I primi utilizzi dell’oro alimentare risalgono all’antico oriente e all’Egitto del II secolo a.C.

Lo scopo del suo impiego era essenzialmente votivo: per gli antichi egizi era un modo per avvicinarsi al divino. Si mangiava l’oro come cibo sacro poiché si riteneva fosse possibile così ingraziarsi gli dei. In Europa invece l’oro alimentare arriva nel Medioevo generando un interesse di grande livello.

Numerose fonti storiche contemporanee riportano l'uso simile dell'oro alimentare nelle principali corti europee: ad esempio, sulla tavola della regina Elisabetta I, arance, melograni, datteri, fichi e acini d'uva venivano presentati e serviti ricoperti da una magnifica polvere d'oro.

Nel 1500 a Padova se ne faceva un uso così elevato che il Consiglio cittadino fu costretto ad imporre dei limiti nell’impiego alimentare.

Nel corso dei secoli, molti hanno creduto che l'oro possedesse proprietà curative. I nativi americani, ad esempio, credevano che il suo consumo conferisse loro il potere soprannaturale di far levitare i corpi.

Nel XVI secolo in Europa, divenne comune mangiare dopo i pasti un confetto ricoperto di foglia d'oro, considerato un rimedio affidabile contro varie malattie cardiache. Sempre nello stesso periodo, a Milano, gli speziali iniziarono a rivestire i medicinali con foglia d'oro per mascherarne il sapore. Questa pratica diede origine all'espressione colloquiale "indorare la pillola".

Dopo il XVII secolo si trovano poche testimonianze dell’uso alimentare dell’oro. La sua notorietà si eclissò insieme a quello delle grandi corti, fino a sparire quasi del tutto dalla tradizione culinaria.

L’oro in cucina torna in voga negli anni '80 e '90 del ‘900 con il celebre risotto oro e zafferano di Gualtiero Marchesi, nato intorno al 1981, che è stato oggetto di numerose reinterpretazioni.

Oggigiorno sono numerosi gli chef, pasticceri e persino alcuni pizzaioli a riscoprire questo prezioso ingrediente e lo stanno reintegrando nelle loro creazioni culinarie.

Ciò che giunge sui piatti è un oro che è stato lavorato secondo le normative legali per renderlo commestibile. Questo oro destinato all'uso alimentare viene ottenuto lavorando lingotti in spessori estremamente sottili, quasi impercettibili, che richiedono un'attenta manipolazione da parte di chi lo utilizza (molti chef non a caso lo maneggiano unicamente con pinzette per evitare di danneggiarlo).

I riferimenti culinari all'oro sono diffusi non solo in cucina, ma anche nel mondo della mixology e dei liquori.

Nel panorama culinario, l'oro è quel preciso ingrediente che aggiunge un tocco di eleganza e raffinatezza ai piatti. Questo è infatti insapore: la principale funzione dell’oro in cucina è puramente estetica.

La seconda funzione è essenzialmente qualitativa, poiché aggiungere un ingrediente prezioso come l’oro, aumenta l’importanza del piatto servito. Così facendo, un semplice alimento viene convertito in oggetto di lusso, in quanto estremamente scenico.

Come riportato sopra, i tagli più comuni sono : foglie, polvere, fiocchi e briciole.  L’oro in foglie risulta particolarmente adatto per la decorazione di torte di pietanze dalla superficie regolare; la polvere è indicata per dare luce a cioccolate e flute di champagne; le briciole sono perfette per dare il giusto brillio alle pietanze, mentre i fiocchi di oro sono una prova di maestria nella decorazione di piatti importanti e di pasticceria mono-porzione.

Nonostante la sua popolarità in certi ambienti gastronomici, l'uso dell'oro in cucina è anche oggetto di controversia e dibattito. Alcuni critici sostengono che l'uso eccessivo di oro nei piatti sia eccessivamente ostentato e poco sostenibile dal punto di vista ambientale. Inoltre, il costo elevato dell'oro può rendere questi piatti inaccessibili per la maggior parte dei consumatori.

 

 

Ciononostante non si può negare il fascino che l'oro continua ad avere in ambito gastronomico a livello mondiale.

Tuttavia, risulta importante bilanciare il desiderio di lusso e raffinatezza con la consapevolezza della sostenibilità e dell'accessibilità. Mentre l'uso moderato di oro può aggiungere un tocco di magia e glamour ai piatti, è essenziale considerare anche le implicazioni culturali, sociali ed economiche di questa pratica.

Come ultima cosa si può affermare che l'arte culinaria è un'espressione di creatività e passione, quindi, qualsiasi sia il destino dell’impiego dell’oro in cucina, si sa che questo rimarrà una scelta individuale capace di riflettere il gusto e lo stile di ogni chef nel mondo.

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