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I cri cri: cioccolatini-caramelle torinesi

Ogni cri cri nasconde un cuore di nocciola tostata, ricoperto di cioccolato fondente e rivestito di minuscole sfere di zucchero bianco, conosciute come mompariglia.

Lucia Cerrato

Il cri cri non è un semplice cioccolatino né una caramella. Questi dolci natalizi, tipici di Torino, sono delle praline rotonde di circa 2 cm di diametro, avvolte in carta colorata di rosso, giallo, verde, oro e argento. Ogni cri cri nasconde un cuore di nocciola tostata, ricoperto di cioccolato fondente e rivestito di minuscole sfere di zucchero bianco, conosciute come mompariglia.

Nati nel Piemonte dell’Ottocento, i cri cri sono legati a una romantica leggenda. Si narra di Cristina, una giovane sarta torinese, e del suo fidanzato, un innamoratissimo studente che la chiamava affettuosamente “Cri”. Ogni volta che si incontravano, lui comprava queste praline da una pasticceria locale. La commessa, conoscendo il loro amore, chiedeva sempre “Cri?” al ragazzo, ricevendo come risposta un sorridente “Cri!”. Il proprietario della pasticceria, colpito dalla dolcezza della scena, decise di chiamare i suoi cioccolatini “cri cri” per celebrare l’amore semplice e spensierato dei due giovani.

Ancora oggi, i cri cri sono un simbolo della tradizione dolciaria piemontese, portando con sé la storia e il sapore di un'epoca passata.

La produzione

I mastri cioccolatieri torinesi, tra i primi in Europa a lavorare il cacao, sono considerati i pionieri dell’arte della pralineria. Una leggenda narra che la pralina nacque per errore, quando un garzone mascherò una mandorla mal caramellata coprendola con cioccolato fondente (di cui abbiamo parlato qui).

I cri-cri furono prodotti per la prima volta a Torre Pellice nel 1886 da un confettiere di Pinerolo. Da allora, la ricetta è rimasta pressoché invariata, tranne per il colore della mompariglia, che divenne bianca negli anni Settanta a seguito delle campagne contro l’uso dei coloranti.

Recentemente, la produzione dei cri-cri aveva subito una battuta d'arresto, ma i cioccolatieri locali hanno ripreso questa tradizione storica, riportando in auge queste praline iconiche.

Il territorio

Durante la Belle Époque, il Piemonte prosperava economicamente grazie a settori come cinema, moda, teatro, letteratura e la nascente industria automobilistica della Fiat. Questo benessere contribuì allo sviluppo dell’arte dolciaria, particolarmente nelle zone di Pinerolo e Torre Pellice, da cui proveniva il garzone che inventò i cioccolatini Cri Cri.

Guido Gozzano descriveva le ragazze che, tra aromi e dolci, tornavano "golose" e infantili, immerse in un'atmosfera di guanti, salotti e stile liberty. I cioccolatieri piemontesi, arricchiti e prestigiosi, esportavano i loro prodotti in Francia, Germania e persino in Svizzera, accumulando ricchezze che facevano invidia a Carlo Felice di Savoia.

Fu proprio Carlo Felice a coniare l’espressione “Non voglio fare la figura del cioccolataio”, dopo che un pasticcere si presentò con una carrozza più lussuosa della sua.

Ancora oggi, il Cri Cri porta il sorriso ai piemontesi, molto più del più serioso gianduiotto (di cui abbiamo parlato qui).

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