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Cosa mangiare nello street food campano

Con food truck e botteghe ad ogni angolo, oggi ci immergiamo nella storia dello street food della Campania attraverso le strade di Napoli e delle province circostanti

Lucia Cerrato

Esplorare la Campania significa immergersi in una regione ricca dal punto di vista storico e culturale, dove l'esperienza culinaria è tanto significativa quanto la bellezza paesaggistica. Con food truck e botteghe ad ogni angolo, oggi ci immergiamo nella storia dello street food campano, attraverso le strade di Napoli e delle province circostanti. Questo articolo ci guiderà alla scoperta dei prodotti tipici che caratterizzano le pittoresche vie della città e oltre.

IL CUOPPO

La storia racconta che i napoletani più umili acquistassero piccoli pesci dai pescatori, friggendoli per intensificarne il sapore. Conosciuto sotto il nome di "oggi a otto", veniva venduto a credito, da restituire entro 8 giorni.

Il cuoppo, con la sua forma conica, racchiude una varietà di fritti, da consumare asciutto per mantenere la croccantezza. Il cuoppo "di terra" contiene pasta fritta, mozzarelline, crocchette di patate, mentre l'alternativa è ricca di pesce fritto: totani, calamaretti, baccalà, alici.

LA PIZZA: A PORTAFOGLIO, FRITTA E MONTANARA

La pizza a portafoglio, simbolo della tradizione culinaria napoletana risale al periodo greco- romano, si tratta di una versione più compatta, piegata in quattro per un consumo in piedi, mentre la pizza fritta solitamente è farcita con pomodoro, mozzarella, ricotta e ciccioli. La montanara, invece, si ispira ai contadini delle montagne. Si tratta di una pizza fritta più morbida, condita con sugo di pomodoro, parmigiano e mozzarella dop.

Per saperne di più leggi il nostro articolo interamente dedicato alla pizza qui.

LE ZEPPULELLE DI PASTA CRESCIUTA

Le zeppulelle di pasta cresciuta presentano un impasto simile alla pizza, ma più liquido. Riempite di acciughe o verdure come i fiori di zucca, diventano irresistibili, soprattutto quando inserite nel cuoppo.
L'antenata della pasta cresciuta viene menzionata dal poeta Giovan Battista del Tufo nel XVI secolo, ossia zeppole di pasta lievitata cosparse di miele. Nel corso del tempo, le zeppole dolci hanno ceduto il posto a quelle salate, conquistando un posto d'onore nei cuoppi.
La preparazione è semplice: è necessario sciogliere un panetto di lievito di birra in acqua tiepida, aggiungere sale e farina. L'impasto morbido lievita per circa 90 minuti, per poi essere fritto a cucchiaiate nell'olio bollente.

IL PANUOZZO
Il panuozzo nasce a Gragnano in provincia di Napoli, la cosiddetta “Città della pasta”. Rappresenta una gustosa via di mezzo per chi è indeciso tra pizza e panino. Si prepara con l'impasto della pizza, per poi essere cotto nel forno a legna, condito e cotto una seconda volta.
La genesi risale al 1983 quando Giuseppe Mascolo, capostipite della famiglia Mascolo, inventa il panuozzo all'interno della sua pizzeria a Gragnano. L'idea nasce durante la preparazione della cena per i suoi figli, ispirandosi al tipico pasto dei bambini. L'invenzione si è diffusa rapidamente ed in larga scala, diventando un'alternativa valida alla pizza.
Negli anni Ottanta, Gragnano aveva meno di dieci pizzerie, ma l'avvento del panuozzo ha generato un notevole afflusso di clienti. La Sagra del Panuozzo, dal 1996, contribuisce tutt’oggi a consolidare la sua popolarità, tant’è che è stato riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale dalla Regione Campania.

LA FRITTATA DI PASTA

La frittata di pasta è un medaglione di pasta mista, besciamella, piselli e prosciutto cotto, che incarna lo street food napoletano. Nella cultura campana, è il pranzo al sacco per eccellenza, un'opzione ideale per uno spuntino o un picnic fuori porta.
La ricetta tradizionale è antispreco: prevede l’uso degli avanzi di pasta, tendenzialmente spaghetti o maccheroni mescolati con uova e formaggio grattugiato, cuocendo fino a formare una deliziosa crosticina su entrambi i lati. Negli anni, la ricetta di base è stata arricchita con varianti al pomodoro, pancetta, e scamorza, restando pur sempre versatile.

'"IL PIEDE E IL MUSO"

Il nome "O Pere e 'O Musso” significa "il piede e il muso", racconta di due tagli provenienti dal carnacottaro, antico venditore di frattaglie. La parola napoletana “zendraglie" ha origini francesi, ad indicare gli scarti considerati incommestibili dai nobili e aveva un tono dispregiativo verso le classi popolari.

Oggi, questa specialità di quinto quarto è reperibile nelle macellerie o dai venditori ambulanti. È possibile scegliere tra vari tagli, tra cui piede di maiale (o vitello) e muso di vitello, trippa, centopelle (uno degli stomaci del vitello), lingua di maiale, matrice di vitella e maiale, o'mbruglitiello (intestino di vitello) e 'a zizza (mammella di mucca).
Da sempre rappresenta il simbolo della cucina povera, preparata nei cortili delle città dell'Agro Nocerino-Sarnese come Nocera Inferiore, Nocera Superiore, San Valentino Torio e Scafati. Si consuma tutto l'anno, ma è particolarmente apprezzato in estate, essendo un piatto freddo.

IL TARALLO

L'etimologia del termine “tarallo”, lo snack spezzafame per eccellenza presenta varie ipotesi, tra cui il latino "torrere" (abbrustolire) o il francese "toral" (essiccatoio). La credibilità si inclina verso il latino, definendo il tarallo come pasta avvolta mista al pepe, arricchita da mandorle sgusciate e cotte. Un’altra ipotesi, più semplice, suggerisce l'origine "danal" (pain rond, pane rotondo) d'oltralpe.

Il tarallo sugna e pepe, tipico della tradizione partenopea, risale al tardo Settecento. uesta prelibatezza nasce dalla necessità di recuperare gli avanzi della pasta lievitata, arricchendoli con sugna, pepe e creatività. I panettieri, infatti, utilizzavano con parsimonia gli avanzi della pasta per creare questo snack salato. I "tarallari" ambulanti, con ceste sulle spalle, li vendevano per le strade.

STREET FOOD IN CILENTO

Nel cuore del Cilento, la parte più meridionale della provincia di Salerno, tra le prelibatezze da scoprire, i "pizzatulieddi" emergono come protagonisti. Si tratta di bocconcini di pasta di pizza fritta, abbondantemente farciti con mortadella, raccontano la storia gustosa del territorio. Troviamo poi i “paddocculiI”, polpette di patate lesse, formaggio di capra e uova, riconoscibili per la forma allungata e la croccantezza della frittura. Infine troviamo le "ruspitieddi", ossia frittelle di pasta lievitata con alici o fiori di zucca.

 

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