Non solo arte, cucina, vino e moda. Tra le celebrità Italiane più conosciute, amate e consumate nel mondo rientrano a pieno titolo anche i cocktail. Spesso non abbastanza ricordati e celebrati, sono numerosissimi i capolavori del bicchiere apprezzati fuori dai confini nazionali. Tanto da diventare dei veri e propri statu symbol. Abbiamo selezionato i dieci drink più bevuti all’estero. Tra questi ci sono must indiscussi, novità e anche qualche sorpresa.
1. NEGRONI
Impossibile non partire da quello che da almeno un secolo è uno dei campioni del bancone dentro e fuori dall’Italia. Un classico intramontabile, amato per il suo gusto secco e deciso.
Storia. La sua nascita si deve ad un affascinante aristocratico fiorentino, il Conte Camillo Negroni, assiduo frequentatore dello storico locale di via Tornabuoni Caffè Casoni, proprio a Firenze. Un giorno, di ritorno da uno dei suoi viaggi a Londra, chiese al barman (su chi fosse in realtà, se Angelo Tesauro o Fosco Scarselli, le versioni discordano) di aggiungere una spruzzata di gin al posto della soda all’Americano che beveva di solito.
Era il 1919 e probabilmente nessuno immaginava il successo che avrebbe avuto quella bevanda nei decenni a venire. Inizialmente il cocktail venne ribattezzato dai suoi estimatori come “l’Americano alla maniera del conte Negroni”, prima di prendere il nome dello stesso nobile inventore.
Preparazione. Il Negroni è composto tre parti uguali di Gin, Campari e Vermouth rosso. Per prepararlo è necessario un bicchiere thumbler basso (stile Old Fashioned) raffreddato e riempito di ghiaccio. Le parti devono essere versate direttamente nel bicchiere in un ordine ben preciso, dalla gradazione alcolica più alta alla più bassa: prima il Gin, poi il Vermouth e infine il Campari. Alla fine si mescola e si guarnisce con una fetta d’arancia.
Varianti. Sono innumerevoli quelle nate sull’onda del successo del “capostipite”. Tra le più note il Negroni Sbagliato (nato a Milano nel 1972 e che vede lo spumante secco al posto del gin), il Negroski (che sostituisce la vodka al gin), il Bencini (con il rum bianco al posto del gin), il Boulevardier (whisky invece che gin) o ancora il Japanese Negroni (dove il gin viene sostituito con il sakè) e il Mexican Negroni (con tequila al posto del gin).
2. AMERICANO
Considerato il padre del Negroni, l’Americano è un’altra pietra miliare - tutta italiana - dei drink. Storia. Sulla sua origine ci sono versioni discordanti. Con ogni probabilità nasce come variante del cocktail Milano Torino, anch’esso creato in Italia da Gaspare Campari alla metà del’Ottocento miscelando Campari appunto e Vermouth dolce. Una prima versione vorrebbe che il drink sia nato proprio nel bar meneghino del fondatore della Campari: i turisti americani in visita nel capoluogo lombardo, innamoratisi del Milano Torino, nei medesimi anni avrebbero cominciato a chiedere l’aggiunta di soda alla miscela creando di fatto per la prima volta l’Americano. Un’altra versione, invece, vorrebbe che quest’ultimo fosse stato ideato nel 1933 in onore del pugile Primo Carnera, detto appunto “l’americano”. C’è chi ancora fissa la sua origine sempre negli anni Trenta del Novecento ad opera della “Martini&Rossi”, che era in cerca di sbocchi commerciali negli Stati Uniti.
In ogni caso quello che è certo è il successo riscosso da questo cocktail. Molto celebrato anche dalla cinematografia (tanto per citare un esempio, ne è un grande estimatore James Bond), fa parte della lista ufficiale dei cocktail Iba, cioè l’Associazione internazionale dei Bartender.
Preparazione. L’Americano è composto da tre parti uguali di Campari, Vermouth rosso e soda. Si prepara con la cosiddetta tecnica “build” e viene servito in un Old Fashioed. In un bicchiere colmo di ghiaccio si versano Campari e Vermouth, quindi si colma con la soda, si mescola e si aggiunge una scorza di arancia.
Varianti. Al netto della ricetta odierna che prevede tre parti uguali, ne esiste una variante detta Americano originale in cui si utilizzano 3 parti di Vermouth per 1 di Campari. Varianti già citate sono il Negroni e il Negroni sbagliato.
3. SPRITZ
Altro grandissimo protagonista dell’aperitivo in tutto il mondo, lo Spritz ha origini ancora più risalenti anche se la sua diffusione avverrà solo a partire dal secondo Dopoguerra.
Storia. La sua nascita risale all’inizio dell’Ottocento quando i soldati austriaci di stanza nel Lombardo Veneto usavano allungare il vino bianco con acqua frizzante. Da qui il nome, che deriverebbe dal tedesco spritzen, cioè spruzzare. Questa versione è rim.asta in voga in Trentino e in Friuli. Solo tra gli anni Venti e Trenta del Novecento tra Venezia e Padova si cominciò ad aggiungere a quella miscela del bitter. Quello dei fratelli veneziani Pilla - il bitter Select - o quello dei fratelli padovani Barbieri - ovvero il bitter Aperol.
Ma è dagli anni Cinquanta che, grazie alla diffusione dell’abitudine di fare l’aperitivo e al boom economico, si afferma l’odierno Spritz. Prima in Veneto, poi in tutta Italia e finalmente nel mondo. Anche per lui una decina di anni fa è arrivata la menzione all’interno della lista dei cocktail IBA.
Preparazione. La ricetta attuale prevede 3 parti di prosecco, 2 parti di Aperol (anche se come vedremo esistono diverse varianti) e 1 parte di soda. In un calice pieno di ghiaccio di versano gli ingredienti e si guarnisce con una fetta d’arancia.
Varianti. Se ne annoverano moltissime a seconda della miscelazione di ingredienti diversi. Lo Spritz Select (con Select, Prosecco, soda e un’oliva, anche se si trova spesso con vino bianco fermo al posto del Prosecco), lo Spritz Campari (con Campari al posto dell’Aperol), lo Spritz Cynar (Cynar a sostituzione dell’Aperol), lo Spritz Bianco (con solo prosecco e soda, senza bitter), lo Spritz triestino (l’originale con vino bianco e acqua frizzante). Ma molte delle varietà esistenti dipendono anche dalla tipologia di vino utilizzato: dal Prosecco nella zona del Trevigiano al bianco frizzante nel Padovano, dal bianco fermo a Venezia al Tocal Friulano a Udine.
4. PIRLO
Fratello del famosissimo cocktail veneto, il Pirlo ha origini lombarde e più precisamente bresciane. Meno conosciuto, ma non per questo meno carico di storia e di sapore. La sua consacrazione fuori da Brescia è arrivata nel 2017, quando il New York Times lo ha dichiarato “drink dell’anno”.
Storia. Come per l’Americano, le origini di questo cocktail sono dibattute. La versione più accreditata ne fissa la nascita nel secondo Dopoguerra proprio nelle osterie del centro storico di Brescia. Ma c’è addirittura chi fa affondare le sue radici alla fine dell’Ottocento, quando i contadini - che non potevano permettersi vini ad alte gradazioni - aggiungevano bitter o Vermouth al bianco annacquato. Nella tradizione bresciana non venivano utilizzati fettine di arancia e ghiaccio (mentre era diffusa la scorza di limone), né tanto meno i calici per servirlo. Stessa cosa per vino bianco frizzante e per la soda, che solo negli ultimi decenni hanno affiancato ingredienti più economici come vino bianco fermo e acqua frizzante.
Per quanto riguarda il nome, invece, “pirlo” in bresciano significa caduta e richiama l’azione del bitter o del Vermouth che cadono nel vino.
Preparazione. Proprio l’utilizzo di vino frizzante (o Prosecco) e soda oppure vino bianco fermo e acqua frizzante segnano due scuole di pensiero differenti sulla preparazione del Pirlo: “modernista” la prima e “tradizionalista” la seconda. Il terzo ingrediente può essere il Campari o l’Aperol a seconda delle preferenze. Due parti di vino, una di Campari o Aperol, acqua frizzante o soda e una fetta d’arancio versate in un calice o in un highball pieno di ghiaccio.
5. BELLINI
Torniamo sui grandi classici italiani. Creato in un luogo mitico, nei decenni ha saputo mantenere la sua aura intatta uscendo dalla laguna veneziana e arrivando sui banconi di tutto il mondo. Non è un caso se anche il Bellini compare nella lista ufficiale dei cocktail IBA, l’Associazione internazionale dei bartender.
Storia. Questo cocktail nasce nel 1948 per mano di Giuseppe Cipriani, capo barista dell’Harry’s Bar di Venezia. Un luogo, come dicevamo, carico di storia e di fascino, diventato famoso per essere uno dei locali preferito di personaggi come Ernest Hemingway, Sinclair Lewis e Orson Welles. Cipriani intitolò il drink al pittore veneziano Giovanni Bellini (di cui in quei giorni si apriva una mostra proprio nella sua città) perché il colore rosato gli ricordava i dipinti del maestro veneziano. Presto il Bellini divenne popolarissimo a New York, dove l’Harry’s Bar aveva una sede, e da lì in tutto il mondo.
Preparazione. Gli ingredienti sono due: Prosecco (due parti) e polpa di pesca (una parte). La ricetta tradizionale vuole l’uso di pesche bianche veronesi, che devono essere schiacciate e non frullate. La polpa deve essere mescolata lentamente con il prosecco e la miscela servita in un flûte, si può guarnire con una fetta di pesca.
Varianti. Il Bellini Royal vede l’utilizzo di Champagne al posto del Prosecco. Il Rossini, in cui si sostituisce la polpa di pesche, con la polpa di fragole. Il Mimosa, nel quale al Prosecco si aggiunge succo di arancia. Il Tintoretto, che prevede la sostituzione delle pesche con il succo di melagrana.
6. HUGO
Per molti amanti di questo “giovanissimo” cocktail sarà una sorpresa, ma l’Hugo è un’invenzione tutta italiana. Anche se larga parte della sua diffusione iniziale è avvenuta tra Svizzera, Austria e Germania.
Storia. Sono state la rivista Mixology e il quotidiano Der Spiegel, entrambi tedeschi, a ricostruire l’origine di questo cocktail nato nel 2005 in Trentino Alto Adige, a Naturno. L’autore è il barman Roland Gruber, che - si dice - all’inizio volesse chiamare il drink Otto per poi virare su Hugo, anche se non c’è una ragione precisa per questa scelta. Originariamente la ricetta prevedeva l’utilizzo di sciroppo di melissa, che successivamente è stato sostituito dal più reperibile sciroppo di fiori di sambuco.
Preparazione. In un calice o in un bicchiere alto con ghiacc io si versa lo sciroppo di fiori di sambuco (una parte), quindi il Prosecco (due parti) e soda (due parti). Aggiungere alcune foglie di menta e un goccio di succo di lime.
7. ANGELO AZZURRO
Un classico italiano che ha raggiunto negli anni Novanta un incredibile picco di notorietà e diffusione. Colore elettrico e gusto intenso per il “drink delle discoteche”.
Storia. L’origine dell’Angelo Azzurro è stata dibattuta per anni. Alcuni hanno ipotizzato che fosse una variante del Blue Lagon, noto cocktail francese, nata in Italia tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Molto più fondata la ricostruzione secondo la quale ad inventare il drink azzurro sia stato lo storico barman romano Giovanni Pepè, detto Mammina, che nel 1980 avrebbe inventato l’Angelo Azzurro per celebrare l’inaugurazione dell’omonimo locale di Trastevere. Questo cocktail, dall’alto grado alcolico, ha conosciuto un periodo di fama incredibile proprio nelle discoteche tra gli anni Ottanta e i primi Duemila
Preparazione. Gli ingredienti sono Gin (tre parti), Triple Sec o Cointreau (una parte), Blue Curacao (un quarto di parte). Gli ingredienti devono essere versati in uno shaker pieno di ghiaccio, agitati e la miscela servita in un bicchiere da Martini raffreddato. Si può aggiungere swet’n’sour o succo di limone e guarnire con una scorza di limone.
Varianti. Il Bomba Blu prevede l’aggiunta di cinque parti di limonata o gassosa e viene servito in un highball. Il Diavolo Rosso sostituisce il Blue Curacao con il Campari. L’Orishas Azul sostituisce il rum bianco al gin. La Valchiria Azzurra, invece, la vodka al gin.
8. GARIBALDI
Forse il più nazional popolare tra i cocktail italiani. Sia per la semplicità della sua ricetta, sia per il fatto che simboleggia l’unione tra Nord e Sud dell’Italia. In ogni caso la sua fortuna non si limita ai confini patri, ma continua ad essere un drink apprezzatissimo anche all’estero. A New York uno dei bar più conosciuti, il Dante di Manhattan, la ha inserito tra i suoi cocktail di punta.
Storia. Difficile trovare dei riferimenti precisi sull’origine del Garibaldi. Di sicuro, e sarebbe difficile affermare il contrario, questo drink è un omaggio all’eroe dei due mondi. Al suo interno, infatti, convivono due anime del Paese: il Campari (Piemonte) e le arance (Sicilia). Su come si sia arrivati a miscelarle e a creare il cocktail non c’è una versione condivisa. C’è chi lo fa risalire - ma è fantascienza - già alla spedizione dei Mille in Sicilia, chi invece afferma che sia stato creato proprio a Novara all’indomani dell’unificazione dell’Italia. L’origine, insomma, non è condivisa, ma il suo gusto sì.
Preparazione. Gli ingredienti, come detto, sono due e sono semplicissimi: Campari e succo d’arancia.In un bicchiere highball si mettono due cubetti di ghiaccio, si versano tre parti di Campari o di un bitter a piacimento e successivamente sette parti di succo d’arancia. Si può decorare con una fetta di arancia.
9. CARDINALE
Spesso indicata come variante del Garibaldi (ma anche del Negroni), il Cardinale in realtà ha una identità riconosciuta e autonoma. Ne esistono due varianti, una popolare e l’altra ufficiale, riconosciuta dall’Associazione internazionale bartender che nella sua lista però utilizza una ricetta diversa.
Storia. Il Cardinale è stato creato negli anni Cinquanta a Roma, nell’Hotel Excelsior, ad opera del barman Giovanni Raimondo. La vicinanza con l’ambasciata americana ne fa un luogo di scambio e contaminazione, specie negli anni della bella vita romana. Frequentato da celebrità e personaggi famosi, l’hotel era frequentato anche dal noto cardinale tedesco Shumann. Proprio una rivisitazione del cocktail preferito da quest’ultimo - gin, Campari e vino Riesling con chiodi di garofano, cannella e buccia di limone - diventa il Cardinale. Ad essa, tuttavia, si affianca una versione popolare, diffusa nel Centro Italia, molto più semplice.
Preparazione. Nella versione popolare gli ingredienti sono aranciata amara e Campari Soda serviti in un thumbler. Per il Cardinale ufficiale, invece, esistono due ricette: quella originale ideata da Raimondo e quella nella lista IBA. La prima prevede tre parti uguali di Gin, Riesling e Campari, servite in un bicchiere Old Fashioned con ghiaccio e guarnite con scorza di limone, chiodi di garofano e cannella. La seconda prevede quattro parti di Gin, due di Vermouth e una di Campari, che vengono preparati in un mixing glass e serviti con un twist di limone e senza ghiaccio.
10. SICILIAN COKE
Ed eccoci al termine di questa lista dei dieci cocktail italiani più celebri con un altro classico, dedicato agli amanti dell’amaro e degli agrumi. Un tripudio di sicilianità, che non può lasciare indifferenti.
Storia. Non si trovano notizie precise circa le origini di questo drink. Di sicuro le radici sono ben piantate in Sicilia, da cui provengono gli ingredienti principali. Primo tra tutti l’Averna, liquore prodotto a Caltanissetta. Proprio l’amaro siciliano per eccellenza, la cui ricetta venne tramandata a metà dell’Ottocento dai monaci dell’abbazia di Santo Spirito al fondatore dell’azienda Salvatore Averna, è la base di questo cocktail. Accanto ad esso la limonata amara e il rosmarino.
Preparazione. Gli ingredienti, come detto, sono Amaro Averna (tre parti), limonata amara (una parte), rosmarino aromatico e scorza di limone. Versare l’Averna e top di limonata amara - molti consigliano Bitter Lemon Thomas Hanry - in un bicchiere Collins con ghiaccio e mescolare. Guarnire con scorza di limone e rosmarino.
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