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Mangiare

Carbonara, Amatriciana, Cacio e Pepe: la triade di Roma

Sono i piatti più famosi e tipici della Capitale, conosciuti e imitati nel mondo. Conosciamo la loro storia

Lucia Cerrato

ROMA. La nostra capitale è un paradiso per gli amanti della pasta. Per questo, oggi assaporiamo tre dei primi piatti più amati delle osterie romane: la Carbonara, l'Amatriciana e la Cacio e Pepe.

LA STORIA DELLA CARBONARA

Oggi parliamo della regina dei primi piatti romani, nonché la più imitata tra tutte le ricette italiane all’estero: la Pasta alla Carbonara. Guanciale, uova, pecorino romano e pepe. Non si può sbagliare, questi sono gli ingredienti della carbonara, gli unici ammessi dalla ricetta canonica. Si tratta di una ricetta prima di una reale e consolidata paternità. In questo senso, la si potrebbe definire una ricetta collettiva.
Secondo alcuni la ricetta è frutto di un intervento degli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Ciò non ci stupisce, dal momento che gli ingredienti provenienti dalle razioni militari degli alleati Americani erano tendenzialmente uova in polvere e pancetta affumicata. La combinazione americana per antonomasia di uova, bacon e formaggio ha messo il seme di quella che, nel tempo, diventerà la carbonara come la conosciamo oggi.
Nonostante questo salto nella storia che potrebbe farci pensare il contrario, siamo tutti sono concordi su un fatto: la carbonara è italianissima. Precisamente nel 1954 troviamo la prima ricetta della carbonara – ancora molto lontana da come la intendiamo noi oggi - in Italia, nero su bianco, tra le pagine della rivista La Cucina italiana. Pancetta, Gruviera e aglio sono previsti tra gli ingredienti, oltre alle solite uova e al pepe. Il guanciale entrerà tra gli ingredienti solo nel 1960, in una ricetta di Luigi Carnacina. Ad accompagnare il guanciale troviamo la panna liquida, al fine di garantire la giusta cremosità. Ci troviamo negli anni ’90 quando la ricetta si stabilizza e viene associata alla cucina romana.

Dove mangiare una buona carbonara oggi a Roma? Da Caligola Osteria Sincera (Via Leone IV, 123), nel rione Prati, a due passi dai Musei Vaticani, si resta sbalorditi da una cucina romana “sincera” che gioca tra passato e presente.

LA STORIA DELL'AMATRICIANA

Gli spaghetti all'amatriciana, o come si dice a Roma, "matriciana" a causa dell'abbreviazione, sono originari di Amatrice, in provincia di Rieti. Cosa serve per la preparazione? Pomodoro, guanciale, pecorino romano e, naturalmente, spaghetti. Dal 6 marzo 2020, gli spaghetti all'amatriciana sono stati riconosciuti come "Specialità tradizionale garantita" dell'Unione europea, in maniera ufficiale.
La prima menzione conosciuta risale al 1927 ne "Il talismano della felicità", un manuale di cucina di Ada Boni, dove la preparazione era diversa rispetto all’attuale: guanciale tritato e cotto con strutto e cipolla e pomodori freschi. Sebbene ci siano molte varianti, la ricetta originale è unica e insostituibile: ci va il guanciale.
Possiamo affermare che l’antenato dell’amatriciana è la gricia. Infatti, il piatto era un pasto di pastori “bianco” con pasta secca, guanciale, pepe nero e pecorino. Nel ‘700, poi, i napoletani introducono il pomodoro.

Dove gustarla a Roma? Sicuramente alla Trattoria Lilli, (Via di Tor di Nona, 23) sul territorio dal 1969, non si sbaglia.

LA STORIA DELLA CACIO E PEPE

La cacio e pepe incarna ad oggi un'icona della romanità, ma la sua origine risale al tempo dei pascoli e delle transumanze. Immagina i pastori dell'agro romano mentre guidano il gregge attraverso lunghe camminate. Nelle bisacce portavano cibi che potessero fornire energia e durare a lungo: pomodori secchi, guanciale di maiale essiccato, cacio pecorino a fette, pepe nero in grani e spaghetti fatti a mano con acqua, sale e farina.

Ogni ingrediente giocava un ruolo importante: il pepe nero riscaldava i pastori durante le fredde giornate di pascolo, il pecorino stagionato si manteneva a lungo e la pasta offriva la giusta dose di carboidrati e calorie. Questi tre ingredienti, insieme, sono così ben bilanciati da essersi diffusi fino alle montagne abruzzesi e umbre in poco tempo. E, in ancora meno, nelle osterie romane.

Gli osti dell'epoca, secondo i racconti tramandati, servivano una versione del primo piatto più "asciutto", al fine di aumentare il consumo di vino per accompagnare la cacio e pepe. Ad oggi rappresenta un simbolo delle osterie romane, dove cibo e buon vino si fondono in un connubio perfetto.

Ottima cacio e pepe a Roma? Da Cesare al Casaletto (Via del Casaletto 45, Roma) trovi un’atmosfera rilassata, arredi essenziali, un giardino ricoperto da un'edera rigogliosa. L'ambiente è amichevole, il servizio ti fa sentire come a casa tua. Qui la cacio e pepe è la vera star. Puoi scegliere tra la versione classica o una più leggera, il pepe? Il protagonista indiscusso.

 

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