Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, a scopi pubblicitari e per migliorare servizi ed esperienza dei lettori. Per maggiori informazioni o negare il consenso, leggi l'informativa privacy. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
Mangiare

La salsiccia: storia di un piatto

La salsiccia è sicuramente uno dei piatti più famosi della tradizione culinaria italiana per diversi motivi. Innanzitutto perché risulta essere davvero molto eclettica: la salsiccia infatti si presta a moltissimi utilizzi e alle più variegate ricette. A volte è talmente buona che si può mangiare anche cruda, accompagnata da una pagnotta croccante.

Lucia Cerrato

La salsiccia: storia di un piatto

La salsiccia è sicuramente uno dei piatti più famosi della tradizione culinaria italiana per diversi motivi. Innanzitutto perché risulta essere davvero molto eclettica: la salsiccia infatti si presta a moltissimi utilizzi e alle più variegate ricette. A volte è talmente buona che si può mangiare anche cruda, accompagnata da una pagnotta croccante.

Origine del termine

Partiamo dall’etimologia del nome “salsiccia”: sembra proprio che derivi dalla crasi tra i termini “salsus” (salato) e “insicia” (carne tagliuzzata finemente). Il dialetto di riferimento è il toscano, da cui poi si è effettivamente divulgata la parola.

Ma dove veniva utilizzata in origine? Le prime tracce di salsiccia arrivano direttamente dall’Impero Romano, in riferimento letterario a Cicerone in veste di “assaggiatore” ufficiale delle salsicce arrivate grazie alle importazioni in Roma di schiavi di origine lucana, l’attuale regione Basilicata. La salsiccia in questione è la Lucanica e Cicerone ne parlava in maniera entusiastica. Anche Marco Terenzio Varrone parla della salsiccia del suo De Re Rustica, intessendone le lodi e descritta come “carne tritata insaccata in un budello”.

È bene specificare che l’attuale Luganega, consumata specialmente nel nord Italia, non ha nulla a che vedere con la Lucanica di quel periodo. Si tratta di due prodotti diversi: la prima è un tipo di salsiccia magra e dolce, la seconda è più piccante e stagionata.

La salsiccia di Bra

A pochi chilometri da Bra. Nel Cuneese, troviamo Cherasco, un borgo risalente all’XI secolo, cintato da mura fortificate per preservare, al suo interno, una comunità ebraica storica. Nel corso del Medioevo, gli abitanti di Cherasco amavano frequentare il mercato di Bra per rifornirsi dagli ortolani, panettieri e macellai braidesi. Non potendo consumare la carne di suina, i macellai di Bra iniziarono a confezionare delle salsicce speciali per i membri della comunità ebraica, a base di vitello. Qualche secolo dopo, il corpo governante del Regno d'Italia passò una legge per tutelare la produzione della salsiccia di Bra, delimitando la zona di produzione per far sì che non si potesse produrre in nessun altro luogo e, di conseguenza, garantirne la qualità.

A differenza di tutte le altre salsicce a base di carne di suino, la salsiccia di Bra può essere consumata cruda. La ricetta muta leggermente da macelleria a macelleria, ma gli ingredienti base restano la carne di vitello pregiata, sale, pepe e la noce moscata.

La salsiccia di Norcia

La salsiccia di Norcia rappresenta un classico della tradizione norcina, apprezzata anche dai palati più esigenti, sia nella versione stagionata sia in quella fresca.

Ma parliamo ora della salsiccia di Norcia stagionata: si tratta di gustosi bocconcini di carne di maiale scelta con estrema cura, derivati dalla spalla e dal coscio, con l’aggiunta di pancetta che ne costituisce la parte grassa. All’impasto vengono, poi, aggiunte anche tipiche spezie per esaltarne il sapore: sale, aglio e pepe.

Nella fase successiva, viene insaccata nel budello naturale e legata secondo le regole della norcineria, per poi essere lasciata asciugare per qualche giorno al calore di un camino in stanze apposite. Infine vengono stagionate in cantina per 30-40 giorni circa.

La cervellatina campana

La cervellatina campana si presenta spesso più lunga e più sottile rispetto alle salsicce prodotte nel resto d’Italia. L'etimologia del suo nome proviene, verosimilmente, dal francese cervelas, cervello, che anticamente figurava fra i suoi ingredienti. Oggi viene confezionata esclusivamente con carne fresca di maiale grassa e magra, macinata grossa o addirittura tagliata con il coltello (in punta "'e curtiello"), sale e spezie essiccate, tra le quali spicca l'abbondante peperoncino. Ad oggi conserva la sua caratteristica tipica che la vuole di un diametro di circa 1-2 centimetri e una lunghezza che può arrivare al metro.

La preparazione prevede che la carne macellata venga poi frollata, triturata e mescolata con aromi vari, soprattutto pepe nero, per poi essere asciugata e insaccata in budella suine molto sottili e legata con spaghi in fibra vegetale.

La pasqualora siciliana

La pasqualora siciliana deve il suo nome all'usanza di riservare alcuni tagli della carne di maiale, macellata durante la settimana santa, per l’insaccamento, da consumare poi durante la stagione estiva. Questo insaccato, dalla caratteristica forma a “u”, viene prodotto un po ’in tutta la Sicilia ma in particolare nelle province di Trapani e Palermo e fa parte della lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Le famiglie, secondo le antiche tradizioni, macellavano un maiale a Natale ed uno a Carnevale, poi durante la Quaresima, periodo in cui la carne non si mangia, la salsiccia avanzata veniva appesa nei sottotetti ad asciugare. Con l’arrivo della Pasqua finalmente si poteva tirare giù, affettare e gustare in compagnia.

Si tratta di una salsiccia di sola carne di maiale tagliata a punta di coltello e macinata con un disco a fori larghi, lavorata con l’aggiunta di sale (30g/kg), pepe nero (5g/kg), vino bianco e semi del finocchio selvatico, una pianta della macchia mediterranea che cresce spontaneamente in Sicilia.

Una volta prodotta, la Salsiccia Pasqualora, può essere consumata fresca o fatta stagionare per una o due settimane.

L’hirschwurst di cervo dell’alto Adige

L’Hirschwurst è il nome della salsiccia di cervo, affumicata e stagionata, tipicamente prodotta nell’Alto Adige-Südtirol, in particolare nella provincia di Bolzano. La produzione dell’Hirschwurst coinvolge diverse fasi. Dopo la preparazione della carne, questa viene macinata a grana medio-fine e mescolata con gli ingredienti. Successivamente, viene insaccata e legata manualmente. La salsiccia di cervo deve poi asciugarsi per circa dieci giorni a una temperatura abbastanza alta, intorno ai 20°C con affumicatura, e poi stagionare per una ventina di giorni a una temperatura compresa tra i 7 e i 12°C.

L’Hirschwurst è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (P.A.T.) riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, su richiesta della regione Trentino Alto Adige.

La carne di cervo è molto proteica e poco calorica, più magra di quella di manzo. È importante non cuocere troppo la carne di cervo per evitare che si asciughi rapidamente. Il suo gusto intenso e pungente può essere mitigato con una marinatura a base di aceto, olio extravergine d’oliva, aglio, basilico e origano, che rende anche la carne più tenera.

Leggi l'articolo completo su Deliziosooo.it