VENTOTENE (Latina). Si può amare un'isola così tanto non solo da decidere di viverci con la propria famiglia, ma anche di ridarle lustro con uno dei suoi prodotti più pregiati: il vino. Questa è la storia di Luigi Sportiello, della sua azienda vinicola Candidaterra, di un vino e di un'isola appunto: Ventotene. Siamo nel Lazio, arcipelago delle isole Pontine, Ventotene insieme a Ponza è l'unica ad essere abitata e conta poco più di 700 abitanti (è di fatto il comune più piccolo dell'Italia centrale).
Mare cristallino, clima mite, un piccolo paradiso in terra quello che accoglie la vicenda di Luigi Sportiello, vero “eroe” che, con caparbietà e sacrifici, è riuscito a riportare sull'isola la viticoltura dopo oltre 60 anni. Di fatto Ventotene per secoli, e almeno fino alla metà degli anni'60 del '900, è stata ricca di agricoltura e vigneti. Poi, però, si è assistito ad un progressivo spopolamento dell'isola dovuto alla carenza di lavoro soprattutto nel periodo invernale e al richiamo delle opportunità delle grandi città. La viticoltura per decenni è finita così nel dimenticatoio, fino a quando Luigi ha deciso di lanciarsi anima e corpo nella sua avventura.
“Io appartengo a questo terra, la mia famiglia appartiene a questa terra – spiega Luigi – pensate che è stata una delle prime a sbarcare sull’isola a fine Settecento. Mio bisnonno, Giovanni Sportiello, fu uno dei primi Ventotenesi ad avere un veliero in legno con cui trasportava generi alimentari da Napoli e viceversa. Volevo fare qualcosa di concreto per rilanciare questo territorio meraviglioso, così nel 2013 ho deciso di aprire la mia azienda agricola vitivinicola Candidaterra destinata alla produzione non di un semplice vino ma di un vino di eccellenza. In questo percorso è stato fondamentale l'aiuto di Vincenzo Mercurio, un noto enologo di fama nazionale che, venuto a conoscenza della mia idea, mi ha aiutato in tutto e per tutto a realizzarla. A partire dalla scelta dei vitigni adatti al mio terreno, del sistema d’impianto dei vigneti, della loro esposizione e conduzione fino alla vinificazione e conservazione”.
In sei anni così è nato Pandataria, il primo vino a Ventotene dopo oltre mezzo secolo. Il nome è una dedica all'isola, così veniva chiamata infatti nell'antichità e significa “dispensatrice di ogni bene”. Due ettari di vigneti, su terreni di origine vulcanica nella zona centrale dell'isola a 50 metri sul livello del mare, cullano un vino bianco che richiama il territorio con la sapidità tipica dei vitigni marini e note di agrumi mediterranei. Nel 2019 è andato per la prima volta sul mercato ed è stato da subito molto apprezzato, soprattutto come aperitivo e per accompagnare piatti di pesce, carne bianca e verdure. Oggi l'azienda di Luigi ne produce circa 10mila bottiglie all'anno, tra il classico e lo spumante brut.
“Candidaterra è un’azienda agricola a carattere familiare – spiega Luigi - che ci consente di curare personalmente l’intero ciclo di produzione: dalla coltivazione del vigneto alla vinificazione, dalla lavorazione in cantina all’imbottigliamento fino alla commercializzazione. Ci tengo a dire che tutto avviene sull'isola e, nel pieno rispetto delle norme che disciplinano la Riserva Naturale delle isole di Ventotene e Santo Stefano, non usiamo pesticidi, insetticidi e prodotti chimici inquinanti di qualsiasi genere. Il nostro vino è autoctono e genuino al 100 per cento”.
Un prodotto di grande qualità, insomma, che ricorda i fasti del passato. “Mio nonno Ercolino – conclude Luigi – mi raccontava sempre grandi storie sul vino di quest'isola. Questi terreni hanno sempre restituito un grande prodotto. Addirittura già al tempo dei Romani sembra che fosse il preferito da chi poteva scegliere il meglio della produzione, a partire dagli imperatori, ed era già allora annoverato tra le eccellenze imperiali. Riportare alla luce la viticoltura a Ventotene per la mia famiglia ha significato non disperdere il passato di questa terra, fare rivivere un prodotto di alta qualità che oggi viene molto apprezzato, per esempio dai turisti che visitano l'isola o dai ristoratori locali, e questo riempie d'orgoglio perché gli sforzi fatti per coltivarlo e farlo tornare alla luce sono stati davvero tanti”.
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