MODICA (Ragusa). Quando si parla di birra artigianale si intende generalmente una birra che non viene sottoposta a processi industriali, come pastorizzazione e microfiltrazione, e che viene prodotta da piccoli birrifici indipendenti in quantità non superiori a certe soglie (in Italia la produzione annua non deve superare i 200mila ettolitri). Le tipologie sono moltissime e variano a seconda degli ingredienti utilizzati e delle tecniche di realizzazione. Sono decine di migliaia i birrifici artigianali in tutto il mondo, oltre 800 solo in Italia. Un dato in costante aumento, così come la platea di consumatori. Al netto dei grandi marchi - i primi dieci assorbono il 68% della produzione totale - il fenomeno della birra artigianale sta vivendo un fermento mai visto, specie negli Stati Uniti e in Europa.
Oggi siamo andati in Sicilia per conoscere un birrificio davvero particolare, che fermenta la sua birra sul fondo del mare. L’estate si sta avvicinando e, a darcene un assaggio, c’è appunto una birra che nasce in mare. Stiamo parlando di una birra che evoca un immaginario estivo, di sale sulla palle e odore di mare, prodotta dal Birrificio Tarì di Modica. La Sicilia non è tradizionalmente un territorio che ospita pub, come il target del consumatore medio della birra Tarì che, infatti, si rivolge a una nicchia di mercato che comprende pasticcerie, pizzerie, ristoranti e piadinerie gourmet più attente alla propria offerta nei confronti del consumatore.
Il Birrificio Tarì nasce nel 2009, anche se ufficialmente la prima produzione risale al 2010, anno in cui è nata la prima birra. Il nome in sé nasconde uno storytelling senz’altro iconico. “Ci siamo legati al concept della moneta araba utilizzata fino agli ultimi anni del ‘900 nel regno delle Due Sicilie, in riferimento allo scambio popolare anche le birre artigianali non sono propriamente popolari nel senso etimologico del termine” - ci spiega Luca Modica, il founder dell’azienda.
“Il nostro ciclo produttivo funziona come la maggior parte dei birrifici artigianali. Noi siamo artigiani e scegliamo la materia prima da cui partire - che sia orzo o luppolo - dalla totale artigianalità. In Italia esistono pochi consorzi effettivi, si contano sulla punta delle dita di una mano. Il nostro rifornimento è a km vero o km giusto” sottolinea Luca. “La scelta della materia prima che piace può essere anche a mille chilometri, l’importante è che piaccia. Col tempo questa scelta è stata criticata ma preferiamo una materia prima “giusta” piuttosto che - soltanto - vicina. Questa è la nostra filosofia di reperimento. La nostra coerenza è la totale tracciabilità”.
Nella vasta offerta di birre Tarì, quella che viene venduta maggiormente è la Hell, dal tedesco chiara. Sull’etichetta, invece, il personaggio riconoscibile è un diavoletto, dall’inglese inferno. Il gioco di parole nel naming ed il sapore fresco, leggermente amarognolo ed il grado alcolico non troppo alto la rendono il prodotto bestseller.
“La vera territorialità non è rappresentata tanto dai prodotti, bensì dal fattore umano radicato nella nostra terra” - ci tiene a sottolineare Luca - “in questo senso, ci siamo legati ad un vivaio per la produzione della birra aromatizzata con il fiore di Malvarosa, al profumo di rosa canina”, vincitrice tra l’altro del riconoscimento “Birra dell’anno” 2018 al concorso Beer Attraction Rimini nella categoria di riferimento flower beers. Un’altra birra speciale è quella alle carrube. “Ci è piaciuta l’idea di recuperare un prodotto che, nel secondo dopoguerra, è stato essenziale ed ha salvato molte famiglie: è bastata, infatti, una sola fava di carruba per nutrirsi”. In tempi non sospetti abbiamo creato una birra con il mosto d’uva, chiamata Oncia, dall’anagramma di acino. Non ultima ci sono la Moak al caffè ed una Trisca, realizzata in collaborazione con il maestro pasticcere Corrado Assenza di Noto (SR). “È stato lui a proporci questa particolare aromatizzazione con buccia di limone, basilico, coriandolo e zenzero fresco. Sicuramente un lampo di genio ben riuscito e di cui ci siamo subito fidati.”
Ultima ma non per importanza troviamo l’Aquamaris. Per la sua produzione si sono rivolti ad un’azienda esterna che si occupa di estrazione, microfiltrazione, sterilizzazione e imbottigliamento di acqua marina, mantenendone la sapidità iniziale. È stato ripreso uno stile tedesco, quello delle birre salate di Lipsia, permettendo l’incontro tra il il luppolo, il frumento russello siciliano, il malto d'orzo e, appunto, l'acqua di mare prelevata nell’insenatura Catanese.
Per concludere, abbiamo chiesto a Luca come riassumerebbe i valori della sua azienda. “In primo luogo sicuramente la trasparenza come filosofia di base: mi piace non utilizzare mai sotterfugi di alcun tipo in quello che faccio, ciò si riflette evidentemente nella nostra birra. Tutti gli ingredienti sono esposti chiaramente sull’etichetta. Il fatto che noi non proponiamo un’offerta di birre gluten free è un discorso correlato, poiché spesso si utilizzano piccoli aiuti per abbattere e bypassare il glutine in produzione, cosa che noi non abbiamo mai voluto fare. Si tratta di un discorso che rientra nella nostra coerenza valoriale” - ci spiega. Inoltre, ricapitolando, vi è un intreccio con tutte quelle che sono le dinamiche umane del territorio siculo. “Per concludere direi la semplicità degli ingredienti e dei passaggi che utilizziamo per aromatizzare le birre”. Ed è proprio questa semplicità e questa cura al territorio, alle persone e agli ingredienti che fa del Birrificio Tarì un’eccellenza sul territorio.
Già avevamo parlato anche in precedenti articoli di bevande particolari: per esempio ricordiamo la birra che nasce dal pane invenduto del Birrificio Corzano in Toscana, oppure della prima cantina subacquea dell'Antinca Distilleria Petrone a Mondragone, o lo spumante cullato dalle onde in Toscana grazie all'idea di Andrea Montrone.
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