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Bere

I piatti tipici toscani trasformati in gin

Tre cugini di Arezzo hanno creato qualcosa di unico e particolare: gin alla Ribollita, alla Panzanella, alla Pappa al pomodoro e ai cantuccini di Prato

Gabriele Bitaj

AREZZO. Il mondo degli spirits ha subito un'evoluzione eccezionale negli ultimi anni con una rinascita dell'apprezzamento per le bevande distillate di alta qualità.

Il gin in particolare è diventato il protagonista di una molteplicità di cocktail e combinazioni data dalla sua flessibilità e versatilità. Il suo successo ha consentito a chi si apre a sperimentazioni autentiche e ragionate con passione di regalare al pubblico esperienze uniche e sorprendenti.

In questa cornice emerge un elisir toscano esclusivo che ha saputo vincere la sfida quasi impossibile di imbottigliare un gin che parte dai piatti tipici della cucina della regione.

Ma prima, il gin: che cos’ è?

 Il gin è un distillato ottenuto principalmente da grano o orzo, arricchito con il gusto distintivo dei "botanicals" che possono variare dal ginepro, erbe, spezie, agrumi e molto altro. La produzione di gin prevede una fase cruciale di infusione, in cui le botaniche vengono amalgamate con l'alcool per dare vita a una esperienza di gusto unico. Questa varietà di ingredienti consente ai produttori di sperimentare e creare un ventaglio di sapori, adattabili a molteplici occasioni e preferenze.

Il sogno di unire gli odori e i sapori della tavola con il piacere di assaggiare uno spirit!

Nel cuore della pittoresca Toscana, rinomata per i suoi vini pregiati e panorami mozzafiato, sorge un'azienda che sta portando l'arte della distillazione su un altro piano con un gin unico e sorprendente.

Stefano Del Pianta, Leonardo Del Mecio e Tommaso Picchioni sono i tre cugini a capo di “Dal Piatto al Bicchiere”. Li unisce la passione per il mondo della distillazione, il comune retaggio aretino e toscano e la tradizione tutta familiare della cucina, del miele e dell’ olio del territorio.

Tutto nasce con una dedica alla nonna Lisa che ora non c’è più: “un omaggio alla cucina che è amore e cura prima di tutto” - dicono i tre. Partire dalla Ribollita per generare un gin tutto nuovo era un obbligo visto che era il suo piatto preferito.

Qui però comincia la sfida impossibile. Unire la ribollita al gin è una cosa decisamente più facile a dirsi che a farsi. Nessuno ci credeva. Troppo difficile, una fantasia e un sogno troppo arditi.

Riuscire a bilanciare la ricetta è stato un processo difficile durato tre anni con dubbi e perplessità costanti. Cuocere le verdure prima dell’ infusione? Magari essiccarle o meglio ancora inserirle crude?

“La prima volta che siamo andati in distilleria - spiegano Stefano, Leonardo e Tommaso - si sono messi a ridere, vedendoci arrivare con le carote e tutte le altre verdure”.

L’ equilibrio della ricetta è stato raggiunto con gli ingredienti crudi in infusione tutti insieme. Riuscire a far percepire nell’assaggio il sapore di una verdura cotta ma usata cruda è stato la sfida nella sfida. Un altro punto cruciale è stato l' utilizzo dell’olio della ricetta originale: questo non si poteva inserire quindi la soluzione è stata quella di utilizzare direttamente le foglie di olivo.

Infine, l’ultimo tocco, l’ aggiunta di acqua di mare che dà al gin finalmente riuscito la giusta sapidità.

“Fatta la ribollita abbiamo capito come fare gli altri” - dice Stefano. Naturalmente la genesi di ogni gin diverso uscito dal laboratorio portava con sé la sua dose di sfida e difficoltà. Tuttavia l’impresa del Ribolgin, questo il nome del primogenito in casa Dal Piatto al Bicchiere, ha aperto la strada alle successive creazioni.

Gli altri prodotti del laboratorio

Dopo il Ribolgin sono arrivati il Panzagin, che racchiude l’ essenza della panzanella e il Panmollo 1912, a partire dalla pappa al pomodoro.

Questi Gin prodotti in casa Dal Piatto al Bicchiere sono cold compound, ovvero risultati di un infusione delle botaniche a freddo, senza l’utilizzo di un alambicco tradizionale.

Per il Ginsanto e Cantucci invece non è così. Questo, almeno nel dna di base, fa parte di una variante del gin chiamata Old Tom, un compound dal gusto distintamente più dolce e spesso invecchiato in botti. 

La parte dolce di questo gin è costituita da un miele di loro produzione, intenso è piacevolmente dolce.

I cantucci, così come il pane utilizzato nelle altre ricette, abbracciano l’ idea di inclusività pensata dai creatori di questo compound.  Provengono infatti da un forno specializzato a Prato e sono totalmente senza glutine.

Insieme ai gin il laboratorio produce anchedue liquori: il 2/3 nella variante rossa e bianca.

L’ idea nasce a partire da una riflessione sul cocktail Negroni. Questo drink nella sua versione da contemplazione premium è possibile che non abbia un equilibrio perfetto dei suoi tre componenti: bitter, vermouth e gin.

L’armonia tra i sapori può rompersi a meno che l’expertise del barman non risulti impeccabile o la stessa azienda produttrice di alcolici non abbia fatto già una ricerca sull’ equilibrio dei primi 2/3 usati nel cocktail.

Da qui il 2/3 rosso della casa. Bevuto da solo risulta essere un Milano-Torino (MI-TO) già pronto da gustare con un semplice cubetto di ghiaccio. Rappresenta la base perfetta per altri grandi cocktail della tradizione: aggiungendo bollicine si ottiene uno Sbagliato, con soda un Americano, con gin il Negroni appunto.

Parola d'ordine: Sostenibilità!

Il desiderio dei 3 soci è anche quello di realizzare un prodotto assolutamente in linea con gli standard di sostenibilità odierni. E un pensiero naturale dato l’amore per la loro terra, rispettarne l’ ambiente è semplicemente un'altra forma di amore.

Il valore sostenibile del loro progetto parte dalla fase di produzione. Le infusioni avvengono in vasca con assenza di alambicchi, le verdure come dette vengono aggiunte a crudo.

Non vengono effettuati filtraggi, il prodotto viene infatti tagliato con acqua di sorgente e in seguito imbottigliato a mano, sono quindi assenti grandi consumi energetici.

Le bottiglie invece hanno il fascino amarcord delle vecchie bottiglie di passata al pomodoro e sono in vetro riciclato con il tappo a corona. Le etichette sono 100% cotone senza plastiche.

Il packaging delle bottiglie segue la stessa filosofia. Viene fornito un sacchettino in juta per il tappo in sughero e un box in legno massello fatto su misura per le bottiglie.

L’azienda è giovane, anche se il processo di ricerca in laboratorio è durato tanto, ma i risultati sono già arrivati. Sembra già passato così tanto tempo da quando i tre ragazzi in bicicletta e la loro bottiglia nello zaino presentavano per la prima volta il loro progetto ad un vero grande cliente a Firenze.

“Un invito a casa nostra” è la proposta che i tre soci ci regalano, un percorso che idealmente parte con la panzanella per aperitivo, poi segue la pappa al pomodoro come primo, la ribollita come secondo e a conclusione vinsanto e cantucci.

Questi sono i loro gin autentici e di ispirazione totalmente del territorio. Che facciamo, accettiamo l’invito?

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