Biova è società benefit profit nativa sostenibile con l’obiettivo di generare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente, promuovendo uno stile lavorativo sostenibile. Si tratta di una startup innovativa nell’ambito del food che opera nel settore dell’economia circolare e dei prodotti upcycle. Ma che cosa si intende nello specifico quando parliamo di upcycle products? Si tratta di prodotti che sono stati trasformati, a partire da materiali di scarto, in prodotti di alta qualità. Il metodo upcycle aiuta a ridurre l'impatto ambientale causato dalla produzione di nuovi prodotti. Nella produzione di Biova Project “almeno un elemento è surplus, materia seconda”, ci tiene a sottolineare la co-founder Emanuela Barbaro.
Ma qual è la storia del Biova Project? Nel 2019 i piemontesi Emanuela Barbaro e Franco Dipietro fondano la società, lanciando sul mercato il loro primo prodotto: la Biova beer, generata dagli scarti di pane. "Su ogni bene produttivo raccogliamo 150 kg di pane, li convertiamo in 2500 litri di birra, risparmiando il 30% di malto d’orzo” spiega Emanuela Barbaro, co-founder.
Emanuela e Franco sono due professionisti in marketing e comunicazione, entrambi vantano un background lavorativo in multinazionale, dove si sono conosciuti ritrovati a lavorare insieme, in consulenza marketing e produzione contenuti. Ricoprendo il ruolo di consulenti per progetti di sostenibilità e vantando alle spalle un’esperienza personale no profit come volontari in una Onlus alimentare, hanno avuto modo di scoprire in prima persona la quantità di pane che viene effettivamente sprecata ogni giorno.
Si parla di oltre 1300 tonnellate di pane sprecato al giorno. “In quel momento abbiamo capito che potevamo essere imprenditori” e mettere a frutto le competenze per realizzare un progetto benefit profit. L’idea non è innovativa di per sé, "basta guardare negli States per capire che l’upcycling non è una nicchia ma vero modello di business e che la produzione di birra al pane esiste dal tempo di Egizi”. Nell’autunno 2019, durante una presentazione, avviene la validazione del mercato da parte di un responsabile di Coop che mostra interesse ed inizia il percorso di affiancamento con incubatori di startup.
La rete di recupero del surplus di pane risulta capillare a Nord-Ovest della penisola, tutto si muove sul baricentro Torino-Milano. Le attività di reperimento fino ad oggi vengono svolte in prima persona, ma non si escludono né collaborazioni con Onlus in Liguria ed Emilia Romagna né la possibile partnership con Unionbirrai garantendo benefici reciproci ed un’apertura win-win a realtà associative.
Come si può dedurre, quindi, il target di riferimento è diversificato. È necessaria una buona comunicazione B2B su Linkedin per stringere legami con i referenti ed i partner di raccolta, senza tralasciare la comunicazione B2C diretta al consumatore finale che comprende e condivide la filosofia, per poi acquistare. “La nostra missione è lavorare sulla comunicazione e sull’educazione al cambiamento sociale. Bisogna fare leva sulle abitudini di consumo e sul pensiero che lo scarto non è tale ma un surplus, un qualcosa di buono che può vantare valore”. Più nel concreto, il loro obiettivo è quello di lavorare a 360 gradi sui valori, sensibilizzando i consumatori, proposito che tentano di portare a termine tramite il podcast Futuri Sostenibili (https://open.spotify.com/show/ 5DPz4nwVSGjLn2pP7BgRrV?si=8a2934e6340d4fdc) su Spotify.
Ma non è finita qui, in pentola bollono progetti per il futuro particolarmente interessanti ed ulteriormente innovativi. “Stiamo pensando alla pasta generata da ingredienti recuperati, inoltre non vogliamo più limitarci alla produzione della birra a partire dal pane. Da dicembre inizierà la produzione a partire dalle rotture della pasta invendibili sul mercato. Inoltre stiamo pensando ad una birra prodotta a partire dal chicco di riso rosso che può diventare materia seconda ottimale, come abbiamo fatto già in passato”.
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